Bilancio di 6 morti e 81 feriti. Sensori antifumo fuori uso e personale insufficiente
All’1,20 del 7 luglio un grave incendio ha provocato una strage alla RSA “Casa per coniugi” di via dei Cinquecento nella zona sud di Milano vicino a piazzale Corvetto, una struttura residenziale per anziani di proprietà del Comune di Milano e gestita dalla privata Proges che controlla 300 strutture in 11 regioni.
Lo spaventoso bilancio è di 6 morti e 81 feriti, due donne che si trovavano nella stanza 605 dove sarebbe divampato l’incendio, probabilmente a causa di un corto circuito del sistema elettronico di movimentazione del letto, sono morte carbonizzate mentre altre tre donne e un uomo in stanze adiacenti hanno perso la vita intossicate dal fumo, che in pochi minuti ha completamente invaso i primi due piani dell’edificio causando problemi respiratori anche a decine di altre persone. I feriti sono stati tutti trasportati al pronto soccorso di vari ospedali della città e dell’hinterland fino a Monza, due di essi sono stati ricoverati in gravissime condizioni in terapia intensiva mentre altri quattordici sono in condizioni serie.
Il procuratore capo di Milano Marcello Viola e la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano, responsabile del dipartimento “Tutela della salute, dell’ambiente e del lavoro”, hanno svolto sopralluoghi sul posto e aperto un’inchiesta che ipotizza l’omicidio colposo plurimo e l’incendio colposo.
Secondo le prime ricostruzioni emergono gravi responsabilità da parte dei privati che gestiscono la struttura perché sembra che i sensori dell’impianto di rilevazione dei fumi fossero fuori uso da oltre un anno e mezzo, tanto che nell’orario notturno, quando il personale si riduce, era prevista la presenza all’interno della struttura di un addetto di un’azienda privata esterna specializzata nella lotta antincendio ad alto rischio, come informava un volantino affisso su un muro all’interno della RSA. I dipendenti hanno più volte segnalato la carenza di organico soprattutto durante il turno di notte oltre al cronico malfunzionamento dei macchinari e sono state anche indette riunioni sindacali per sollevare il problema ma la risposta della Proges è sempre stata quella di “portare pazienza” perché avrebbero provveduto, mentre non hanno mai fatto nulla.
Al momento dell’incendio erano 167 i pazienti nella struttura, in gran parte anziani con gravi disabilità ma vi erano soltanto cinque operatori ausiliari socio assistenziali (Asa), un infermiere e un custode e nonostante una delle donne poi decedute sembra fosse riuscita a dare prontamente l’allarme non si è riusciti a intervenire in tempo. Perciò gli investigatori vogliono chiarire se l’organico fosse realmente sufficiente e puntano inoltre ad accertare che lenzuola, materassi e altre componenti di interni fossero ignifughi, resistenti alle fiamme e a norma visto il grande fumo che si è sprigionato e che ha reso particolarmente difficile il lavoro dei soccorritori.
In realtà quello che ancora una volta viene alla luce è il fallimento del sistema di privatizzazione delle residenze per anziani, ripetutamente denunciato negli anni da varie associazioni e sindacati. Secondo lo Spi Cgil della Lombardia e di Milano, “questo tragico evento pone ancora una volta l’attenzione sulla sicurezza nei luoghi dove gli anziani, già di per sé persone fragili, risiedono” e il sindacato di base Cub denuncia che con la Proges c’erano già stati problemi in passato, la situazione venne affrontata anche in una commissione consiliare del Comune di Milano ma poi tutto terminò con un nulla di fatto; dal canto suo la Fpl Uil sottolinea come la carenza di personale non caratterizzi solo la struttura dov’è avvenuta la strage ma è un problema regionale più volte denunciato ma al quale non sembra esservi alcuna intenzione di rimediare. Alcuni dipendenti della Proges hanno segnalato anche altri problemi che si trascinavano irrisolti da anni come la mancanza cronica di materiale e lenzuola e il fatto che la struttura, ora dichiarata completamente inagibile, necessitava di importanti lavori di ristrutturazione dato che alcune zone interne spesso si allagavano quando pioveva.
Vuote e ipocrite suonano le parole di cordoglio espresse dalla ducessa Giorgia Meloni, dal governatore regionale leghista Attilio Fontana e dal sindaco PD di Milano Giuseppe Sala perché la responsabilità oggettiva di quanto accaduto ricade proprio su di loro e sul sistema di privatizzazione della salute. Nonostante allo scoppio dell’emergenza pandemica da Covid-19 il sistema sanitario lombardo sia collassato in pochi giorni, si continua a puntare sulle privatizzazioni che ne sono state la causa principale; proprio nella “Casa dei coniugi” si contarono più di cinquanta morti.
In Lombardia l’assistenza offerta alle persone anziane è di dieci pazienti e mezzo per ogni operatore, tra le più basse d’Italia considerando anche che in queste strutture vi sono in maggioranza persone malate e non autosufficienti, bisognose di assistenza di tipo ospedaliero.
Occorre porre fine al sistema di affidamento delle strutture pubbliche a gestori privati, sui quali non viene poi svolto alcun controllo e non garantiscono la sicurezza perché interessati unicamente al profitto. Il sindaco Sala ha vergognosamente detto: “Il bilancio è pesantissimo, ma in questi casi viene da dire che poteva andare peggio. I soccorsi sono stati abbastanza rapidi, ma un rogo in una sola stanza di 15 metri quadrati fa presto a svilupparsi”, limitandosi a dichiarare il lutto cittadino e dimenticandosi che in campagna elettorale aveva promesso una revisione dei criteri di assegnazione a gestori privati nelle RSA pubbliche ma, nonostante le richieste delle associazioni che si occupano dei diritti dei pazienti delle strutture per anziani, non ha mai aperto alcun tavolo di confronto.
I marxisti-leninisti chiedono la fine del sistema di affidamento ai privati delle residenze per anziani, che devono invece essere pubbliche, gratuite e in numero sufficiente a coprire tutte le richieste, con la presenza in numero adeguato di medici, personale di sostegno e infermieristico.