Risoluzione della Cellula “Mao Zedong” di Milano del PMLI sul discorso del Segretario generale del Partito alla Commemorazione di Mao
La Cellula “Mao Zedong” di Milano del PMLI ha studiato e appoggia il Discorso del Segretario generale del Partito, compagno Giovanni Scuderi, dal titolo “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sul revisionismo e sulla lotta di classe per il socialismo” pronunciato a nome del CC del PMLI in occasione della 45ª Commemorazione della scomparsa dell’ultimo grande Maestro del proletariato internazionale.
Si tratta di un discorso magistrale, di portata storica non solo per il nostro Partito, ma per l’intero proletariato italiano. Esso fa chiarezza su revisionismo, socialismo e governo Draghi e, per l’ampiezza e la profondità dell’analisi, oltre che per le preziose indicazioni politiche, strategiche e tattiche in esso contenute, è da considerarsi di valore congressuale e perciò uno strumento indispensabile per la formazione politica e ideologica di ogni militante del PMLI. Inoltre, grazie alla sua eccellente esposizione, questo discorso si presta ad essere un potente strumento per la divulgazione tra tutti i sinceri comunisti e tra le masse sfruttate e oppresse – a partire da quelle operaie, giovanili e anticapitaliste – dello smascheramento sistematico del revisionismo moderno quale manifestazione dell’opportunismo di destra derivante dall’ideologia borghese che paralizza l’energia rivoluzionaria della classe operaia e postula il mantenimento o la restaurazione del capitalismo.
Scuderi ha esaminato a fondo il grande contributo storico di Mao nella lotta contro il revisionismo moderno fin dal suo primo apparire nel movimento comunista internazionale con l’ascesa al potere della cricca revisionista di Krusciov e il XX Congresso del PCUS, definendone i caratteri inconfondibili, e difendendo e rilanciando la via universale della Rivoluzione d’Ottobre e il leninismo sin dal suo celebre discorso del 1956 quando ebbe il coraggio e la risolutezza storica e politica, pressoché da solo, di innalzare la grande bandiera rossa del marxismo-leninismo raccogliendo e difendendo le “due spade” di Lenin e Stalin gettate via dai revisionisti moderni di tutti i Paesi appoggiati da Krusciov che, capeggiando la sua cricca di traditori, aveva trasformato il PCUS in un partito revisionista e restaurato il capitalismo in Unione Sovietica. Nell’ancora aperto dibattito mondiale tra autentici comunisti e opportunisti di destra – culminato nelle due Conferenze di Mosca svoltesi in occasione del 40° della Rivoluzione d’Ottobre e nel 90° della nascita di Lenin – fu Mao a spronare i marxisti-leninisti cinesi e di tutto il mondo nel contrastare l’incalzare della “destalinizzazione” capitalistica, del capitolazionismo verso l’imperialismo e del riformismo parlamentarista perseguiti da Krusciov, da Togliatti e dalle cricche revisioniste di tutti i Paesi, Cina compresa.
Con una dettagliata disamina degli interventi teorici e politici di Mao, Scuderi ha smascherato a fondo, sul piano interno e internazionale, il revisionismo moderno capeggiato da Krusciov, fino alla destituzione di quest’ultimo da parte di Breznev, denunciando a tal proposito con forza l’imbroglione revisionista italiano Cossutta che allora passò subitaneamente dal libro paga di Krusciov a quello di Breznev. Seguendo il suo esempio di lacchè del socialimperialismo brezneviano, oggi il suo devoto allievo Marco Rizzo fa da lacchè a Xi Jinping e al socialimperialismo cinese; “buon sangue” revisionista non mente!
Il maestro di noi marxisti-leninisti italiani è invece Giovanni Scuderi che da profondo conoscitore del pensiero di Mao ha citato i titoli di importanti editoriali redatti sotto la direzione o l’influenza del grande Maestro del proletariato internazionale, pubblicati dal “Quotidiano del popolo”, da “Bandiera rossa” e dal “Quotidiano dell’Esercito popolare di liberazione”, quali “Viva il leninismo”, “Avanti sulla via del grande Lenin”, “Le origini e lo sviluppo delle divergenze tra i dirigenti del Partito comunista dell’Unione sovietica e noi”, “Lo pseudo comunismo di Krusciov e gli insegnamenti storici che dà al mondo”, “Leninismo o socialimperialismo?”. Si tratta di editoriali di fondamentale importanza che permettono di comprendere a fondo il revisionismo moderno smascherandolo metodicamente tramite un giusto raffronto sia teorico col marxismo-leninismo che pratico con la realtà dei fatti storici di allora e dei loro conseguenti risvolti politici e sociali.
Di questi importanti editoriali, Scuderi ha anche citato “Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi” e “Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi” che sono stati fondamentali per la sua presa di coscienza, come di quella degli altri tre primi pionieri del PMLI, della natura revisionista del PCI. Due editoriali che ancor oggi meritano di essere studiati da tutti i militanti e simpatizzanti del Partito, come da ogni sincero comunista italiano, perché tra l’altro sono un forte antidoto contro le illusioni fatte sulla “meravigliosa” Costituzione democratico-borghese del 1948 che era l’“Alfa e l’Omega” del programma riformista del PCI revisionista ed è tutt’ora Bibbia e Vangelo dei vari eredi di quel defunto partito – che siano sedicenti comunisti oppure rinnegati del comunismo – quantunque le leggi dell’odierna seconda repubblica neofascista, federalista e interventista la disattendano e l’abbiano alterata da destra.
Il discorso di Scuderi ci permette di risalire alle radici del revisionismo italiano, che affondano nel pensiero idealista di Gramsci, influenzato dai suoi veri maestri che non furono Marx ed Engels, bensì Croce e Gentile. La tanto decantata “genialità” di Gramsci sta proprio nell’aver compiuto una revisione totale del marxismo-leninismo a beneficio della borghesia la quale tutt’oggi non fa altro che elogiarlo e rendergli infinita gratitudine, tanto da “sinistra” quanto da destra. Noi invece non finiremo di essere grati al compagno Scuderi per averci donato una ricca, minuziosa ed esaustiva critica del pensiero gramsciano e della sua influenza sulla “via italiana al socialismo”, ripreso oggi dai dirigenti opportunisti e trotzkisti dei partiti falso comunisti in luogo del pensiero di Mao che invece ignorano o attaccano da destra, oppure deformano a “sinistra” fino a renderlo irriconoscibile.
Ora sappiamo meglio perché Gramsci – con la sua cervellotica ed enciclopedica elaborazione, che si ritrova principalmente nei “Quaderni dal carcere” – sia stato il principale teorico del revisionismo non solo in Italia ma in tutta l’Europa occidentale, e quanto la sua opera sia stata insidiosa perché agì all’interno dell’allora movimento comunista internazionale, e in modo più coperto rispetto ai capi della socialdemocrazia battuti da Lenin. Ideologicamente Gramsci non è mai stato un marxista autentico, bensì un idealista, liberale borghese. I suoi punti di riferimento sono Benedetto Croce, Antonio Labriola, Salvemini, Pareto, Einaudi, Carlo Rosselli, con i quali polemizzò su aspetti secondari, ma aderì a parti sostanziali delle loro teorie. In particolare rispetto a Benedetto Croce, il principale filosofo idealista della borghesia liberale, Gramsci fornirà una variante di “sinistra” della sua elaborazione idealistica.
Egli ha scimmiottato il marxismo, ma in realtà tutto il suo impegno era indirizzato alla confutazione di parti importanti di esso e a dimostrare la sua “inapplicabilità” nelle democrazie borghesi occidentali. Da qui la revisione della teoria marxista circa il rapporto dialettico e di stretta dipendenza tra struttura e sovrastruttura della società, la deformazione della natura di classe dello Stato, la confusione e il capovolgimento del suo rapporto con la “società civile”.
Nelle sue teorizzazioni Gramsci prospettava per il proletariato italiano una via al socialismo completamente diversa da quella della Rivoluzione d’Ottobre, ossia riformista, parlamentarista, legalitaria e perciò strategicamente elettoralista. Non si tratta di accumulare le forze e quando siano mature le condizioni oggettive, soggettive e organizzative scatenare l’insurrezione armata, che lui chiama “guerra di movimento”, ma di attuare una “guerra di posizione o di assedio” per la conquista della “robusta catena di fortezze e casematte”, ossia le strutture dominanti della macchina statale borghese. Il nome della sua strategia di “guerra di posizione”, si badi bene, era solo metaforico dato che essa si attua sul terreno del pacifismo, parlamentarismo e !egalitarismo, giacché prevede un itinerario all’interno delle istituzioni borghesi e la raccolta del consenso della maggioranza, e del gradualismo riformista in quanto queste “casematte” (come gli enti locali e gli apparati dello Stato borghese) sarebbero da conquistarsi una dopo l’altra.
Grazie al compagno Scuderi ora capiamo meglio che per Gramsci quello che conta non è la lotta di classe intesa come lotta antagonista e totale tra proletariato e borghesia, ma la lotta delle idee e della “ragione” su cui si basa la sua strategia la quale afferma che il proletariato si potrà affermare come classe dirigente solo dopo aver strappato alla borghesia la “direzione intellettuale e morale” della società. Una assurdità antimarxista irrealizzabile stante la dittatura della borghesia e la proprietà privata dei mezzi di produzione materiale e culturale, ma che sarà utile al PCI revisionista per negare al proletariato il ruolo di guida che gli spetta quale forza motrice principale che invece riconoscerà agli intellettuali, ossia alla piccola e media borghesia della cui sinistra democratico borghese fu il reale rappresentante politico.
Togliatti, questa “mente sopraffina” opportunista e doppiogiochista, che mentre inneggiava a Stalin tramava per rinnegare i principi marxisti-leninisti, appena torna in Italia nel ’44, pesca a piene mani nella elaborazione di Gramsci, ne rivaluta la figura, fino allora praticamente ignorata dalla maggioranza del partito, al vertice e alla base, e dalla famosa “svolta di Salerno” prende a pretesto la necessità tattica del fronte unito antifascista per fondarci sopra la strategia della “via italiana al socialismo”, di tipo riformista, pacifista, parlamentarista e costituzionale che ufficializzerà e svilupperà all’VIII, al IX e al X Congresso del PCI, non a caso dopo la morte di Stalin, il XX Congresso del PCUS e il conseguente scioglimento del Cominform.
La nostra comprensione e il conseguente smascheramento del revisionismo è sempre direttamente proporzionale al grado di preparazione ideologica che si ha del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, ossia dal livello di maturazione della concezione proletaria del mondo basata sul materialismo dialettico e storico e sostanziata nella sua concreta attuazione della linea politica e organizzativa dell’avanguardia cosciente e organizzata del proletariato del nostro Paese: il PMLI. Grazie a questa alta preparazione ideologica il PMLI, guidato con grande saggezza e ferrea determinazione dal suo Segretario generale Giovanni Scuderi, ha saputo riconoscere sul nascere il revisionismo nel PCC, sin dal suo iniziale mutamento di linea della tattica politica sulle alleanze internazionali (revisione della Teoria dei Tre Mondi), prenderne le distanze al mostrarsi delle sue prime interessate avances, a recidere con esso ogni rapporto nel 1979 fino a denunciarne al mondo la sua degenerazione revisionista. “Non è una cosa di poco conto. Registratela. Annotatela”, ha giustamente sottolineato il compagno Scuderi. Ben altra cosa che Marco Rizzo (e del suo PC falsocomunista gramsciano-secchiano) che prima denunciava ufficialmente la natura capitalista del “socialismo di mercato” instaurato in Cina dalla cricca revisionista di Deng e il carattere imperialista dell’odierna superpotenza cinese, mentre oggi, dopo essere stato folgorato sulla nuova Via della Seta, è diventato il primo corifeo italiano del socialimperialismo cinese di Xi Jinping!
In Italia, come avevamo previsto, la lotta di classe ha ripreso con forza il suo corso dal quale è scaturita l’importante lotta dei lavoratori della GKN, da sostenere con tutte le nostre forze quale modello avanzato delle lotte sindacali, nonché incubatrice di germi spontanei di coscienza di classe, che noi marxisti-leninisti dobbiamo coltivare per farli diventare stabili e generalizzarli nelle altre fabbriche.
E mentre rimonta la lotta di classe, noi dobbiamo continuare ad attaccare il governo del banchiere massone Draghi senza dargli tregua perché è un governo che rappresenta direttamente il capitale finanziario italiano e continentale, imperialista dichiaratamente atlantista, presidenzialista di fatto, frutto di un golpe bianco di Mattarella, che attua una politica del manganello contro i lavoratori! “Chi aggredisce i lavoratori in lotta aggredisce il PMLI!” è stato il grido di battaglia rilanciato da Scuderi, che è parola d’ordine di tutto il Partito! Dobbiamo far nostre, comprendere bene, tenere ben a mente, rilanciare e saper argomentare in ogni nostro intervento, le otto richieste del Partito al governo Draghi elencate da Scuderi, da quella sulla sanità pubblica fino all’ultima sul riconoscimento del governo dell’Emirato islamico in Afghanistan nato da una vittoria antimperialista storica e di valore mondiale di quel popolo, a riprova che “i popoli che si ribellano sono invincibili e l’imperialismo, la Nato e la Ue sono tigri di carta”.
Come sempre, noi marxisti-leninisti non siamo caduti nella rete della propaganda imperialista atlantista e dei partiti della destra e della “sinistra” della borghesia italiana, che martella giorno e notte – raccontando sensazionali storie (perlopiù inventate) sui “tagliagole” maomettani e piangendo sull’infelice sorte dei collaborazionisti afghani – per nascondere gli efferati crimini commessi dall’imperialismo Nato in Afghanistan. Quantunque la politica interna dei Talebani, specie quella antifemminile, si presti a critiche anche severe, tale questione spetta unicamente al popolo afghano risolverla, in piena libertà e senza ingerenze esterne. “Nessuno, nemmeno il socialimperialismo cinese e l’imperialismo russo, ha il diritto di ingerirsi negli affari interni dell’Afghanistan e prendere il posto degli imperialisti cacciati dal Paese” ha giustamente ribadito il compagno Scuderi!
Mentre rilanciamo l’Appello di Scuderi al proletariato, ai partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, alle anticapitaliste e agli anticapitalisti e alle intellettuali e agli intellettuali democratici antidraghiani, ad aprire al più presto una grande discussione sul futuro dell’Italia, noi dobbiamo proseguire nel adoperarci affinché il PMLI continui a crescere con l’obbiettivo di dotarlo di un corpo da Gigante Rosso, soprattutto guadagnando alla sua causa operaie e operai, ragazze e ragazzi e intellettuali, e assicurare la necessaria collaborazione al futuro Segretario generale, chiamando a raccolta le giovani forze del Partito affinché, ispirandosi alle fondatrici e ai fondatori del PMLI, si preparino per tempo, come ha detto Scuderi, “per raccogliere la loro fiaccola e portarla verso nuovi traguardi che ci aspettano”.
“Come ci esorta Mao ‘dobbiamo lasciarci infiammare dalle grandi e sublimi aspirazioni proletarie, osare aprire sentieri mai esplorati e scalare vette mai raggiunte’ . E vinceremo!”, ha esclamato Scuderi concludendo il suo magistrale e storico discorso.
Vinceremo, compagno Scuderi, applicando i tuoi insegnamenti e quelli di Mao sul revisionismo, sulla lotta di classe, sulla concezione proletaria del mondo, sull’internazionalismo proletario e la giusta linea leninista antimperialista, sul Partito marxista-leninista, sulla via universale dell’Ottobre, sulla rivoluzione in Italia, contro il capitalismo e la dittatura della borghesia, per la conquista del potere politico del proletariato e dell’Italia unita, rossa e socialista!
Con Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao per sempre, contro il capitalismo, per il socialismo, verso il comunismo!
Al servizio del Partito!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
La Cellula “Mao Zedong” di Milano del PMLI