Alle elezioni regionali in Lombardia del 12 e 13 febbraio
Non votare i candidati governatori ed i partiti borghesi al servizio dei capitalisti.
Creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo
Domenica 12 e lunedì 13 febbraio le elettrici e gli elettori della Lombardia saranno chiamati alle urne per l’elezione diretta del presidente della Regione e del Consiglio regionale.
I marxisti-leninisti lombardi, anche in questa tornata elettorale, invitano il proletariato, le masse lavoratrici e popolari e i giovani ad impugnare l’arma dell’astensionismo allo scopo di delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco. Tutte le giunte regionali che si sono succedute nel corso degli anni si sono sempre occupate unicamente di soddisfare le esigenze affaristiche delle lobby del grande capitale finanziario lombardo, nazionale e europeo disinteressandosi completamente degli interessi delle masse e per questo l’astensionismo è necessario per sancire l’abbandono delle masse di ogni aspettativa favorevole nei confronti di istituzioni strutturalmente avverse ai loro bisogni e affinché queste diano forza all’unico Partito che vuole strappare la Lombardia e tutto il Paese al capitalismo, alla classe dominante borghese, allo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori, al supersfruttamento dei precari, alla schiavizzazione degli immigrati in fuga dalle guerre e dalla fame, al crescente degrado dei quartieri popolari e delle periferie urbane, all’inquinamento dell’aria e del suolo, alla dilagante speculazione edilizia e cementificazione che sottrae terreno all’agricoltura, all’impoverimento di massa, al caro-casa e al caro-affitti, alla discriminazione razzista e schiavista verso i migranti, all’emarginazione degli anziani, al degrado giovanile e in definitiva alle rapaci grinfie delle bande di destra e di “sinistra” della borghesia, interessate unicamente ad accrescere il loro capitale a scapito della maggioranza dei lombardi checché ne dicano i loro referenti politici interessati unicamente ad attrarre voti per sé utilizzando senza scrupoli l’inganno, la demagogia e la menzogna.
La Lombardia rappresenta la locomotiva economico-finanziaria del capitalismo italiano e la sua storia dimostra come la borghesia, i suoi partiti e le sue istituzioni non sono in grado di migliorare la situazione in cui versa la popolazione. Solo la lotta del Partito Marxista-Leninista Italiano, del proletariato, dei lavoratori a tempo indeterminato e precari, dei migranti, dei disoccupati, dei pensionati e degli studenti può migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse lombarde. Solo sotto la direzione di tale Partito il proletariato potrà finalmente abbattere il capitalismo e, sulla via dell’Ottobre, conquistare il potere politico, che è la madre di tutte le questioni, per l’Italia unita, rossa e socialista. E così ribaltare l’attuale infelice situazione per dare alla Lombardia, come alle altre regioni del Paese, un volto veramente democratico e mutare radicalmente le condizioni economiche e politiche delle larghe masse lavoratrici e popolari affinché regnino benessere e giustizia sociale.
Bilancio dell’amministrazione fascioleghista di Fontana
La giunta guidata dal governatore fascioleghista Attilio Fontana è stata una delle peggiori che abbia mai governato la Lombardia. Fin dai primi drammatici giorni dell’emergenza pandemica provocata dal coronavirus Covid-19, iniziata nei primi mesi del 2020, Fontana ha mostrato inerzia, incapacità e totale assenza di strategia territoriale facendo raggiungere alla regione il triste primato del numero dei contagi e dei morti in Italia e nel mondo in proporzione al numero di abitanti; è apparso quindi subito chiaro che quella che per anni era stata presentata come “l’eccellenza” nella sanità pubblica esisteva solo nella propaganda perché il sistema non è stato in grado di far fronte alla pandemia a causa dei tagli e delle privatizzazioni che nel corso degli anni hanno smantellato il sistema pubblico. È stato proprio a causa di questo che tutte le strutture ospedaliere e di Pronto Soccorso sono collassate nel giro di pochi giorni; la responsabilità della strage di morte per Covid, oltre che di quelli deceduti per patologie non curabili in piena emergenza pandemica, ricade quindi sul cosiddetto “modello lombardo” incentrato sul profitto e, oggettivamente, su Fontana e la sua giunta. A questo si aggiungono gli scandali giudiziari, non ancora completamente risolti, che hanno coinvolto la stessa famiglia del governatore. A nulla è servito il valzer di poltrone che, in uno dei momenti più drammatici, ha di fatto obbligato Fontana a silurare l’assessore al Welfare, il forzista Giulio Gallera ormai impresentabile, tant’è che il suo posto è stato preso dall’ex ministro del governo Berlusconi ed ex sindaco di Milano, Letizia Moratti, paladino da sempre della privatizzazione che ha messo l’acceleratore sullo smantellamento della sanità pubblica anche se, per giochi di potere, negli ultimi mesi ha alla fine deciso di uscire dalla maggioranza e candidarsi proprio contro lo stesso Fontana con il sostegno del cosiddetto “terzo polo”.
In realtà dietro al collasso del sistema sanitario pubblico si nasconde un preciso progetto speculativo in quanto la giunta, in ogni occasione, ha cercato di “risolvere” la situazione con grosse regalie a strutture private cui veniva ad esempio chiesta la disponibilità a fare vaccinazioni a fronte di rimborsi esorbitanti. Ancora una volta è quindi emerso come vi sia sempre una precisa volontà di non far funzionare il sistema pubblico e usare tale scusa per dirottare poi i fondi alla sanità privata. Per i privati la malattia è fonte di profitto e quindi le prevenzioni vengono lasciate in secondo piano scegliendo di investire unicamente in prestazioni specialistiche di alto livello tralasciando il pronto soccorso e il dipartimento d’emergenza. La medicina preventiva e le strutture territoriali vengono ridotte al minimo, il personale viene privato delle risorse necessarie, i medici di medicina generale divengono carenti, basti pensare al caso dei comuni della bergamasca dove migliaia di persone tra cui anziani, malati cronici e affetti da gravi patologie sono rimasti per settimane senza medico di base (e molti ancora oggi non ce l’hanno); manca l’assistenza domiciliare, le liste di attesa superano molte volte addirittura un anno di attesa, vengono chiusi servizi di psichiatria e quelli dedicati ai minori e manca il personale nella medicina del lavoro. Le giunte lombarde da sempre dilapidano denaro pubblico e in questo Fontana si è mosso in totale continuità con i suoi predecessori Formigoni e Maroni. Nonostante fosse ormai evidente come la Pedemontana, l’autostrada più cara d’Italia, sia stata un totale fallimento con un traffico scarso a causa degli alti pedaggi e le cui perdite hanno fatto fuggire perfino i finanziatori privati, anziché cancellarlo ha rilanciato, sia pure con un tracciato abbreviato, il progetto “tratta D”. Intanto la Regione, ossia i lombardi, hanno dovuto sborsare la metà del finanziamento di 1,74 miliardi resosi nel frattempo necessario. E a proposito di opere inutili, che dire dell’autostrada Mantova-Cremona il cui costo è stimato in circa 800 milioni? Nonostante le proteste giunte da più parti Fontana ha deciso di tirare dritto per la sua strada, appoggiato in questo caso dalle amministrazioni locali PD da sempre favorevoli a questi circa quaranta chilometri di asfalto, nonostante tutti gli studi abbiano rilevato che non serviranno al decongestionamento del traffico, ma unicamente a creare nuovi danni ambientali e, magari, favorire qualche ruberia.
Il trasporto pubblico locale lombardo è al collasso, non passa giorno senza che i treni regionali e le linee suburbane utilizzate da decine di migliaia di lavoratori pendolari e studenti, perennemente sovraffollati, arrivino in ritardo o subiscano cancellazioni improvvise, la scarsa manutenzione ha portato addirittura alla chiusura per settimane del Passante Ferroviario, sequestrato dalle autorità giudiziarie per rischio di disastro ferroviario, costringendo i lombardi a servirsi dei carenti mezzi di superficie con enormi disagi; ma su questo Fontana per giustificarsi gioca a scaricabarile con l’amministrazione comunale milanese guidata dal PD Giuseppe Sala.
La crisi economica è stata utilizzata come pretesto per tagliare fondi per i disabili, gli asili, le scuole e la cultura. Riguardo la disabilità Fontana si vanta di aver approvato leggi sui caregiver familiari e il sostegno della vita indipendente ma nei fatti le ha lasciate prive di risorse sufficienti e quindi sono utilizzate solo come medaglie propagandistiche che non stanno portando alcun vantaggio ai disabili dei quali Fontana si è in realtà sempre disinteressato, come dimostra il tentativo di tagliare i contributi per la disabilità grave e gravissima che è stato fermato solo grazie alla rivolta degli interessati e delle associazioni che li rappresentano. Anziché investire nelle scuole pubbliche, quasi sempre fatiscenti, si cerca di mettere una toppa con i “bonus” il cui accesso è comunque limitato e avvantaggiano soprattutto le scuole private.
Nulla è stato fatto contro la criminalità organizzata che speculando sulla crisi economica seguita alla pandemia ha approfittato per immettere liquidità nel settore privato offrendo forme di sostegno finanziario alle imprese con il reale intento di subentrare nelle proprietà. Anziché intervenire direttamente nel settore pubblico si è lasciato che settori come ristorazione, edilizia, servizi funerari e cimiteriali, attività di pulizia e sanificazione, produzione dei dispositivi di protezione individuale, il comparto dello smaltimento dei rifiuti specie quelli ospedalieri venissero lasciati completamente nelle mani dei privati favorendo le infiltrazioni mafiose; le verifiche antimafia hanno accertato che ben 7 società interdette dalle Prefetture di Milano, Como, Lecco e Varese avevano ottenuto finanziamenti pubblici e in totale vi sono state decine di provvedimenti interdittivi disposti dalle Prefetture regionali che riguardavano società in qualche modo ricollegabili alla ‘ndrangheta. Vi è stato poi lo scandalo sulla “Mensa dei poveri”, con un’inchiesta che ha smantellato un presunto sistema di appalti e incarichi pilotati a cavallo tra Varese e Milano allargatasi poi a tutta la Lombardia, in questo terreno avrebbe messo le radici la ‘ndrangheta calabrese, che sembrerebbe ormai in grado di decidere giunte comunali e sindaci lombardi.
Fontana, in continuità con il suo predecessore Maroni e in barba ai risultati fallimentari del referendum sull’autonomia svoltosi nel 2017 ha concepito il suo mandato come una dittatura presidenzialista regionale con piena potestà legislativa su sanità, pubblica istruzione, tutela e sicurezza del lavoro, trasporti pubblici, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
No all’autonomia differenziata
Contro questa dittatura borghese presidenzialista i marxisti-leninisti lombardi si battono nell’immediato contro il federalismo uninazionale e per il ripristino dello Stato unitario, e inoltre condividono e fanno proprie le rivendicazioni di tutti i Partiti e Organizzazioni che si oppongono all’Autonomia differenziata alla quale dicono “no” per le seguenti ragioni condivise:
- Perché la divisione regionale perseguita svuoterebbe ulteriormente il ruolo e le funzioni del Parlamento, già da tempo indebolite da chi invoca oggi il presidenzialismo e alimenterebbe ancora di più la divisione tra zone più povere e degradate del Paese e zone più ricche.
- Perché in questo modo le Regioni possono continuare con più libertà a privatizzare ciò che resta del Servizio Sanitario Nazionale, consentendo di curarsi solo ai ricchi, in un Servizio Sanitario che verrebbe sempre più affidato alla gestione di privati, intenzionati a far profitto sulla salute, e ad organizzazioni religiose, complici nella negazione dei diritti, a cominciare dai diritti sessuali e riproduttivi.
- Perché in questo modo le Regioni possono decidere sull’istruzione pubblica, perfino privatizzarla e abolire il valore legale del titolo di studio.
- Perché in questo modo le Regioni possono attuare una deregolamentazione regionale che consenta alle aziende e agli speculatori di aggredire ulteriormente l’ambiente e l’ecosistema.
- Perché apre alla possibilità di adottare contratti di lavoro regionali che consentano un ulteriore sfruttamento del lavoro senza tutele, ancora peggiore di quello fatto finora.
- Perché le regioni possono avere rapporti diretti con l’Unione Europea e l’accesso immediato ai fondi, che attualmente sono di competenza nazionale, alimentando ancor di più la sottomissione del nostro Paese ai ricatti della UE.
- Perché, in questo modo, il nostro Paese sarà ancora di più terreno di controllo delle organizzazioni malavitose e del sistema delle clientele, che avranno più mano libera nel decidere a livello locale i loro affari, attraverso propri uomini di fiducia, collocati nelle istituzioni locali.
Il candidato governatore uscente Attilio Fontana (“centro-destra”)
Attilio Fontana nasce a Varese il 28 marzo 1952. Avvocato, debutta nella scena politica nel 1995 nelle file del neonato partito razzista e secessionista della Lega Nord, nella veste di sindaco di Induno Olona (Varese), prima di entrare nel palazzo della Regione Lombardia dal 2000 al 2006 eletto come consigliere regionale e presidente del consiglio regionale.
Nel 2009 Fontana è stato nominato presidente vicario della Fiera di Milano. E sempre in quell’anno è stato eletto presidente di ANCI Lombardia. La simpatia e il sostegno che Maroni nutriva nei confronti di Fontana spingono alla sua candidatura come sindaco di Varese nel 2006, un periodo difficile per il partito di Bossi e Maroni che usciva a pezzi dallo scandalo “Sex Gate” che vedeva coinvolto il sindaco dimissionario, il leghista Aldo Fumagalli, travolto dalle inchieste giudiziarie, seguite poi alla condanna a 4 anni di carcere per peculato e concussione. Così in quello stesso anno diventa sindaco di Varese, carica che ricoprirà fino al 2016. Sono proprio gli anni del suo incarico da neopodestà della Città Giardino che daranno di Fontana un chiaro quadro politico: non nasconde di dichiararsi apertamente un “leghista borghese” in quanto appartenente alla classe dei borghesi e di difendere e tutelare gli interessi della sua classe, così si è espresso nell’intervista rilasciata il 15 gennaio al giornale “La Prealpina”. E gli interessi della sua classe, a scapito del proletariato e delle masse popolari, Attilio Fontana li ha fatti eccome nel suo decennio di governo, a cominciare dalle speculazioni edilizie e cementificazioni selvagge ai tempi dei mondiali di ciclismo del 2008 con soldi finiti nelle tasche di palazzinari del calibro di Ligresti e Polita per la costruzione di mega-alberghi di lusso in zone a rischio idrogeologico, miliardi di euro di soldi pubblici regalati da Fontana e dalla sua giunta fascio-leghista a questi figuri mentre quartieri popolari di Varese come San Fermo e Valle Olona venivano lasciati al degrado e interi quartieri periferici della città si trovavano alluvionati a causa dei mancati lavori di rafforzamento degli argini del fiume Olona.
Nello stesso periodo in cui venivano regalati questi soldi ai privati, Fontana si adoperava per chiudere diverse scuole pubbliche elementari della città, in particolare la Mameli, la Foscolo, la De Amicis, la Cairoli e la IV Novembre. Questa chiusura rischiò di portare allo scorporamento degli alunni in altri edifici scolastici lontani da casa con immancabili disagi per genitori e ragazzi. Ma l’opposizione di insegnanti, genitori e alunni fece fallire il progetto.
Non dimentichiamoci poi della vendita ai privati, per ripianare i conti del Comune, di numerose azioni delle aziende ex-municipalizzate.
Devastanti i piani di riqualificazione del territorio – in particolare per spazi e luoghi di socializzazione delle masse – con centri commerciali, sale video poker e McDonald’s (quello di Masnago a poche centinaia di metri da alcuni licei della città) sono un’altra delle chicche cui Fontana ha legato il concetto di socialità al concetto di consumismo, il tutto per la gioia dei capitalisti.
Tentativi ci sono stati da parte delle masse, in modo particolare giovanili, di emanciparsi da questa gabbia e di creare spazi sociali autogestiti liberi dalla logica del profitto capitalista, ma la risposta del fascio-leghista Fontana è stata la repressione e il manganello. Un esempio per tutti fu nel 2010 il brutale sgombero da parte delle “forze dell’ordine” col supporto di militari, voluto dal neopodestà Fontana e diretto dal questore di allora Marcello Cardona, dell’ex discoteca di viale Valganna a Varese occupata dal “Collettivo di Autogestione della Selva”. Ma la repressione di Fontana non si è rivolta solo ai giovani, anche chi vive quotidianamente ai margini della società, reso disperato e indigente dal capitalismo è entrato a far parte della guerra personale di Fontana contro i mendicati, definiti da egli stesso “una piaga”, tanto da arrivare a chiedere al governo centrale poteri eccezionali per l’allontanamento dalla città nei confronti dei “questuanti recidivi”, una richiesta che avrebbe fatto da apripista a quelli che oggi sono i “daspo urbani”.
Sul piano politico, pur tentando di spacciarsi come moderato all’interno della Lega Nord, non ha perso occasione per offrire il fianco all’estrema destra e ai movimenti nazifascisti cittadini, forse, anticipando in questo, quello che su scala nazionale ha intrapreso il suo nuovo caporione politico, l’istigatore xenofobo Matteo Salvini.
Tra l’intitolazione dei giardini pubblici al filosofo del fascismo Giovanni Gentile, una piazza al monarchico-fascista e golpista Edgardo Sogno, la concessione alla peggior feccia nazifascista (DO.RA., Casapound, Forza Nuova) di sfilare in stile paramilitare per le vie di Varese per omaggiare i “martiri” delle foibe (corteo a cui partecipano ogni anno anche gli esponenti leghisti) e il via libera all’apertura di sedi nazifasciste sul territorio, Fontana è diventato di fatto il portabandiera della destra nazifascista, storico-revisionista, razzista, omofoba (negando il patrocinio del Comune e ostacolando in ogni modo il Gaypride a Varese).
Eletto governatore lombardo nel 2018, nel corso del suo mandato esercitato come una dittatura presidenzialista è coinvolto, assieme alla sua famiglia, in procedimenti giudiziari riguardanti la gestione della pandemia da Covid-19; nel caso camici, dove la procura è ricorsa contro l’archiviazione, è accusato di frode in pubbliche forniture per l’affidamento nell’aprile 2020 da parte della Regione di una fornitura – poi trasformata in donazione con l’emergere dello scandalo – da circa mezzo milione di euro di 75 mila camici e altri dispositivi di protezione individuale a DAMA, società del cognato Andrea Dini; nel caso mascherine il GUP del Tribunale di Milano accusa Regione Lombardia di una “gestione del tutto disordinata e mossa dalla ricerca dell’immediato dividendo politico di una conferenza stampa”, in relazione alla partita da 7 milioni di euro versati da ARIA, la centrale di pagamento regionale, per una fornitura di mascherine mai arrivata, nella fase acuta dell’emergenza.
Il candidato Pierfrancesco Majorino (“centro-sinistra” e M5S)
Nasce a Milano 14 maggio 1973 e a 14 anni si iscrive alla FGCI, l’organizzazione giovanile del PCI revisionista. Nel 1994 è tra i fondatori dell’Unione degli Studenti e ne resta presidente nazionale fino al 1998 quando si iscrive ai Democratici di Sinistra e diviene consigliere del dipartimento Affari sociali della presidenza del consiglio collaborando con il ministro della solidarietà sociale Livia Turco, sua collega di partito, sulle politiche giovanili e la lotta alle dipendenze. Nel 2004 diviene segretario milanese dei DS e nel 2006 entra in consiglio comunale eletto nelle liste dell’Ulivo. Pur essendo all’opposizione, nel 2007 prende posizione netta contro la giusta rivolta della comunità cinese scatenata dalla repressione e i soprusi cui era sottoposta dalla giunta allora guidata dal sindaco Letizia Moratti condannando l'”allucinante reazione della comunità cinese”. Nel 2008 diviene capogruppo del PD e, rieletto nel 2011, viene nominato nella giunta Pisapia assessore alle Politiche Sociali e alla Cultura della Salute. Nel suo ruolo non ha mai cercato di risolvere alla radice il problema della povertà, dei senzatetto o delle condizioni di vita dei migranti e porre il fondamentale problema della rimunicipalizzazione delle aziende di servizi o impedire ulteriori privatizzazioni ma si è sempre limitato a parlare della necessità di una generica “accoglienza” senza fornirla di reale contenuto. Nel 2016 si candida alle primarie contro il candidato Giuseppe “Beppe” Sala con un programma più di “sinistra” che in realtà è solo una copertura alla ricerca di voti nella base e negli elettori del PD che non simpatizzano per la designazione già programmata dall’alto di Sala, difatti a giochi fatti dichiara subito che bisogna sostenere risolutamente il suo “avversario” che, per il suo aiuto, una volta divenuto sindaco lo premia riconfermandogli la poltrona dello stesso assessorato. A parole si dichiara contro la logica speculativa che sta dietro ai progetti “ex-Expo” e a quelli della “Città della salute” che mirano a spostare funzioni urbane fuori dal territorio comunale per la valorizzazione immobiliare di aree private ma nei fatti il suo sostegno alle giunte, che è sempre andato in quella direzione, non è mai mancato. Alle elezioni europee del 2019 è stato eletto eurodeputato, sempre nelle liste del PD, dimettendosi dalla carica di assessore. All’avvicinarsi delle elezioni regionali lombarde il “centro-sinistra” ha deciso di sceglierlo, senza nemmeno passare dalle “primarie”, come sfidante del governatore uscente Fontana. La candidatura di Majorino è appoggiata anche da Sinistra Italiana, Movimento 5 Stelle e dal consigliere regionale Usuelli, tra i fondatori di +Europa.
La candidata Letizia Brichetto Moratti (“terzo polo”)
Nata il 26 novembre 1949. Figlia di assicuratori “celebri” perché primi broker italiani nel 1873, è soprannominata “Lady di ferro” e additata a modello per le donne manager e le carrieriste. Si è sposata con Gianmarco Moratti, rampollo della famiglia di petrolieri milanesi. Nel 1974 era presidente dell’Associazione italiana brokers, poi diresse varie società con il gruppo inglese Nikols e con il gruppo Sedgwick. Nel 1990 è nel Consiglio di amministrazione della Banca commerciale italiana. Dal 13 luglio 1994 all’aprile 1996 fu presidente della Rai, guidata con piglio ducesco e criteri aziendalistici. Sostenitrice della comunità di regime per tossicodipendenti di S. Patrignano, è stata intima del fascistoide Vincenzo Muccioli nonché ambasciatrice Onu per la “lotta alla droga e al crimine”. Ha guidato la “Golden egg” (“uova d’oro”), società finanziaria e la Suntek Capital per investimenti nella “new economy” ed stata rappresentante in Italia del magnate australiano delle telecomunicazioni Rupert Murdoch. Durante gli anni dei governi Berlusconi II e III, dall’11 giugno 2001 al 17 maggio 2006, è Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dell’Università e della Ricerca dove si caratterizza per essere una spietata affossatrice della scuola pubblica. Dal 5 giugno 2006 al 1º giugno 2011 è sindaco di Milano, a capo di una giunta confindustrial-fascista e antipopolare. Presidente del consiglio di amministrazione di UBI Banca dal 2019 al 2020, nel 2021 viene imposta da Berlusconi come vicepresidente e assessore alla Sanità e al Welfare della giunta Fontana, obbligata a un rimpasto per restare a galla dopo il siluramento del precedente assessore forzista Giulio Gallera divenuto capro espiatorio di una gestione dell’emergenza pandemica così vergognosa da meritare, invece, le dimissioni di Fontana con tutta la sua giunta. Fin da subito l’assessora Moratti ha messo il piede sull’acceleratore della controriforma della sanità lombarda che cancella la sanità pubblica per la privata. Con l’avvicinarsi delle elezioni e la scelta del “centro-destra” di ricandidare Fontana vede svanire il sogno di diventare governatore che per sua stessa ammissione ha sempre considerato una priorità essendo la Lombardia il motore economico del capitalismo italiano ed entra in rotta con gli alleati uscendo dalla giunta, formando una propria lista civica che ha ottenuto l’appoggio del “terzo polo” di Renzi e Calenda e dei transfughi leghisti del secessionista “comitato nord” ispirato dal caporione razzista Bossi che però, dopo una trattativa con la Lega di Salvini, hanno deciso di tornare ad appoggiare Fontana.
La candidata Mara Ghidorzi (Unione Popolare)
Mara Ghidorzi nasce nel 1981, sociologa, lavora come ricercatrice su tematiche legate all’inclusione socio-lavorativa, la cittadinanza attiva e la parità di genere. La sua candidatura a governatore della Lombardia – sostenuta dal cartello elettorale di Unione Popolare (PRC, PaP e De.Ma.) – ha in realtà come unico scopo cercare di impedire che tutti gli elettori di sinistra disgustati dal PD e dal M5S vadano ad ingrossare le file degli astensionisti, in costante aumento specie tra i giovani. Si dichiara antifascista e le singole rivendicazioni del suo programma ad esempio in tema di difesa della salute pubblica, emergenza abitativa o tutela dell’ambiente possono anche essere condivisibili in quanto elementari e comuni a tutti i movimenti di lotta, manca però il loro inserimento in un quadro politico strategico.
Nel momento in cui alimenta illusioni elettoralistiche finisce per legittimare quelle istituzioni borghesi regionali che hanno ormai ampiamente dimostrato di non essere in alcun modo utilizzabili e il suo dichiararsi anticapitalista resta quindi privo di contenuto e prospettiva poiché dal quadro generale del capitalismo non si esce restando nella gabbia della Costituzione borghese ma invitando le masse lavoratrici, giovanili e popolari alla mobilitazione e alla lotta per difendere i loro interessi e migliorare le condizioni di vita organizzandosi in istituzioni alternative.
LA PROPOSTA DEL PMLI
Quanto abbiamo descritto è la riprova che perdurando il capitalismo è impossibile che le regioni siano governate dal popolo e al servizio del popolo perché restano inevitabilmente succubi della volontà e degli interessi dei grandi capitalisti, locali come nazionali, vincolati alle leggi dello Stato borghese, sottoposti ai governi di livello superiore ed esecutori locali delle loro politiche di lacrime e sangue.
Le istituzioni rappresentative borghesi vanno quindi smascherate, delegittimate, indebolite, disgregate anche attraverso l’astensionismo cosciente, anticapitalista, antifascista, antirazzista, antiomofobo. Ma l’astensionismo elettorale non basta, occorre combatterle ogni giorno unendosi in un organismo politico di massa. Per questo il PMLI propone all’elettorato di sinistra, anche a chi non è astensionista ma vuole il socialismo, di creare in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta e con rappresentanti revocabili in qualsiasi momento dalle assemblee popolari territoriali.
Lo scopo fondamentale dei Comitati popolari (che sono a carattere permanente e costituiscono gli organismi di direzione politica delle masse fautrici del socialismo, da non confondersi con i comitati di lotta o altri tipi di comitati, come i comitati civici, i comitati popolari spontanei, ecc., in genere a carattere temporaneo e fondati su questioni particolari e specifiche) è quello di guidare le masse, anche se non fanno parte delle Assemblee popolari, nella lotta politica per strappare al potere centrale e locale opere, misure e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita e che diano alle masse l’autogestione dei servizi sanitari e sociali e dei centri sociali, ricreativi e sportivi di carattere pubblico.
Il PMLI rilancia inoltre alcune delle rivendicazioni principali che muovono la propria azione politica e invita le masse lavoratrici e popolari lombarde, compresi i migranti, anche se d’accordo solo con alcune di esse, ed indipendentemente dalla loro collocazione politica e partitica, salvo la pregiudiziale antifascista, a battersi sul terreno della lotta di classe e di piazza per strappare ai futuri rappresentanti della borghesia che si insedieranno a Palazzo della Regione una serie di rivendicazioni politiche, economiche e sociali:
LAVORO
Varare un concreto piano occupazionale per il territorio regionale, con risorse concrete per il diritto fondamentale a un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato.
Interventi per salvaguardare le fabbriche a rischio di chiusura, fino all’espropriazione e acquisizione pubblica da parte della Regione o dello Stato.
La Regione deve inoltre farsi garante del lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato con la stabilizzazione dei precari (così reintegrando il turn-over e adeguando gli organici alle necessità dei servizi) e la creazione di nuovi posti di lavoro stabili tramite la reinternalizzazione dei servizi regionali attualmente esternalizzati ad appalti privati.
SANITÀ
Ripristinare il sistema sanitario nazionale unico e indivisibile, abolendo il federalismo sanitario, per una sanità pubblica, universale, gratuita, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari, che disponga di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e sia finanziata tramite la fiscalità generale, così come rivendicato nel Programma d’azione del PMLI.
Nell’immediato occorre l’assunzione a tempo indeterminato di un numero sufficiente di infermieri, medici, fisioterapisti ed operatori sociosanitari per coprire e potenziare gli organici di tutte le strutture sanitarie pubbliche della Regione. Prevedere corsi di aggiornamento periodici e obbligatori per tutti, in orario di lavoro. Nessun finanziamento pubblico dev’essere destinato alla sanità privata; tutte le risorse finanziarie regionali destinate al comparto sanitario devono essere utilizzate per il mantenimento ed il potenziamento della sola sanità pubblica.
CASE, INFRASTRUTTURE, PERIFERIE
Rilanciare l’edilizia popolare e pubblica. La Regione deve requisire le case sfitte da oltre un anno, i locali dismessi e inutilizzati e i palazzi nelle medesime condizioni da destinare, dopo i necessari lavori, alle famiglie sfrattate e senza casa, indipendentemente dalla cittadinanza e dagli anni di residenza.
Il divieto degli sfratti fino a che non sia offerta un’adeguata abitazione alternativa, specie per gli anziani e le famiglie a basso reddito.
Il divieto di rilasciare concessioni edilizie per insediamenti abitativi in vicinanza di elettrodotti.
Tutelare l’ambiente con l’istituzione di parchi naturali regionali impedendo la costruzione di inutili ed inquinanti viadotti autostradali e smantellando quelli esistenti come Brebemi, Pedemontana e TEEM.
Nuovo Piano Territoriale che impedisca la speculazione edilizia, che salvaguardi il patrimonio naturale, agricolo e paesaggistico e che dia la priorità urbanistica al risanamento delle piccole località, delle frazioni periferiche e dei quartieri popolari dell’hinterland.
TRASPORTI
Forte potenziamento e prolungamento degli orari del trasporto pubblico su gomma e su rotaia con mezzi non inquinanti e per tariffe e abbonamenti a costi popolari e unificati su tutta la rete regionale (non si può sensatamente parlare di ridurre traffico e inquinamento senza partire da questi presupposti volti a disincentivare l’utilizzo dell’automezzo privato).
Porre fine ai frequenti e vergognosi disservizi, ai quali i pendolari sono costretti a subire pur pagando salato l’abbonamento e il biglietto, adeguando gli stanziamenti regionali in bilancio per l’ammodernamento dell’infrastruttura e l’elettrificazione di tutta la rete ferroviaria attualmente lasciata, in gran parte, in condizioni fatiscenti a causa della scandalosa malgestione privatistica di Trenord.
SCUOLA
La Regione deve dotare le scuole di biblioteche, sale di lettura e strutture attrezzate gratuite al servizio degli studenti per attività informatiche; installare mense scolastiche gratuite con cibo di qualità. Negazione di ogni risorsa economica pubblica alle scuole private e cattoliche come, tra l’altro, già previsto dall’Art.33 della vigente Costituzione.
GIOVANI
Finanziamenti e incentivi economici ai Comuni per la creazione di centri giovanili autogestiti, di strutture sociali, ricreative, culturali e sportive pubbliche da dare in gestione direttamente e gratuitamente ai giovani.
Trasporti pubblici e gratuiti per i giovani senza lavoro e gli studenti.
MIGRANTI E NOMADI
Prevedere presso le scuole pubbliche, in orari extra scolastici e extra lavorativi, corsi di lingua italiana gratuiti per immigrati adulti.
Organizzare incontri pubblici, nelle piazze e nei quartieri popolari, per favorire la fraternizzazione e la socializzazione tra le varie comunità straniere e quella italiana.
Costruire per i nomadi in sosta temporanea, strutture di soggiorno in muratura attrezzate di servizi, e per l’assistenza sanitaria, per la raccolta di rifiuti, e collegate con i mezzi di trasporto pubblici. Per gli stanziali attuare piani di inserimento nella vita sociale, lavorativa e scolastica nel territorio di competenza.
ARTIGIANI E COMMERCIANTI
Messa a disposizione di immobili di proprietà pubblica da affittare a prezzo politico per iniziative e attività artigianali, turistiche e di piccolo commercio, fiscalmente incentivate, al fine di evitare l’abbandono delle arti e dei mestieri tradizionali. Semplificazione delle pratiche e incombenze amministrative, contabili, fiscali e burocratiche.
LGBTQIA+
Parità di diritti e trattamenti sociali, economici e fiscali per le coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali.
Diritto, anche per le famiglie di fatto, comprese le coppie omosessuali, lesbiche, transessuali, di accedere ai bandi di concorso per l’assegnazione delle case popolari.
ANTIFASCISMO
Nessuna piazza, strada, spazio pubblico, come nessun monte, bosco, colle, valle, o campo del territorio lombardo dev’essere concesso ad organizzazioni di matrice nazista e fascista; sciogliere tutti i gruppi fascisti e chiudere i loro covi e deferirli alla magistratura in ottemperanza alla legge n. 645/1952 contro la ricostituzione del disciolto partito fascista e alla legge n. 205/1993 contro organizzazioni razziste e xenofobe.
Lottiamo per la vittoria dell’astensionismo anticapitalista e per il socialismo!
Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo!
Solo la lotta cosciente e organizzate delle masse lavoratrici e popolari può strappare al potere politico della borghesia delle conquiste immediate e parziali.
Solo la conquista rivoluzionaria, a livello nazionale, del potere politico al proletariato e del socialismo renderà le regioni italiane governate dal popolo e al servizio del popolo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!