10 agosto 1944: eccidio di pizzale Loreto. Il 10 Agosto 2023 le celebrazioni a Milano.
10 agosto 1944: eccidio di pizzale Loreto. Il 10 Agosto 2023 le celebrazioni a Milano.

79° Anniversario del sacrificio dei Quindici Martiri antifascisti fucilati in piazzale Loreto

Il 10 agosto 1944 quindici antifascisti e partigiani, in maggioranza operai, imprigionati dai fascisti furono prelevati dal carcere di San Vittore di Milano dalle SS tedesche comandate da Theodor Saevecke (divenuto in seguito agente della CIA e vicedirettore dei servizi di sicurezza del ministero degli Interni della Germania Federale) e su ordine del responsabile delle SS per l’Italia nord-occidentale Walter Rauff (colui che inventò le camere a gas mobili montate sui camion, responsabile della morte di 150.000 civili in Polonia e in URSS; nel dopoguerra grazie ai “buoni uffici” del Vaticano e della CIA fuggì in Cile dove lavorò come consulente della DINA, la famigerata polizia segreta di Pinochet). Fu detto loro che sarebbero stati condotti a Bergamo per essere poi inviati ai lavori forzati in Germania nell’Organizzazione Todt. Invece furono portati a Piazzale Loreto e lì fucilati da un plotone di repubblichini della Legione Autonoma Ettore Muti.

Tutto ciò venne giustificato come rappresaglia per un attentato (mai rivendicato) falsamente attribuito ai Gap contro un camion tedesco nei pressi dell’albergo Titanius dove alloggiava la Wermacht e che non vide perire alcun soldato tedesco.

La cosa più vergognosa fu che non solo i corpi dei martiri vennero lasciati per un giorno sul selciato della piazza con un cartello con scritto “Questi sono i GAP: assassini”, ma che i parenti delle vittime non potettero avvicinarsi alla piazza dove intanto le guardie repubblichine ridevano, scalciavano e sputavano sui corpi, mentre alcuni soldati nazisti assistevano compiaciuti.

Il governo Meloni conclude la marcia su Roma elettorale dei neofascisti

Mai come oggi ricordare i Martiri di Piazzale Loreto significa non solo ricordare il loro sacrificio ma anche ispirarsi al loro spirito e agli insegnamenti della Resistenza parigiana per combattere il fascismo che si presenta sotto nuove forme e nuovi vessilli, e che oggi è salito al potere con il governo neofascista Meloni. Questo governo conclude infatti la marcia su Roma elettorale iniziata con la fondazione del Movimento sociale italiano il 26 dicembre 1946 da parte dei reduci repubblichini e del fucilatore di partigiani Almirante, padre spirituale e politico di Giorgia Meloni. Un partito, il MSI erede diretto del Partito nazionale fascista, che lei e i suoi camerati di FdI non hanno mai rinnegato, tanto da averne conservato la fiamma tricolore nel loro simbolo, e che la premier cerca anzi di riabilitare a posteriori nell’”arco costituzionale” dichiarando con impareggiabile faccia tosta che ha avuto “il ruolo molto importante di traghettare verso la democrazia milioni di italiani che erano usciti sconfitti dalla guerra”, e perfino “un ruolo molto importante nel combattere la violenza politica e il terrorismo”: quando tutta la storia del dopoguerra è macchiata dalle imprese golpiste, terroriste e stragiste di questo partito e delle sue costole di Ordine nuovo e Avanguardia nazionale. Non a caso uno degli obiettivi principali che Meloni si è data di realizzare in questa legislatura, con o senza il consenso dell’opposizione parlamentare, è la repubblica presidenziale disegnata dalla P2 di Gelli e che era anche nel programma del MSI di Almirante.

Le molte nefandezze del governo neofascista Meloni

È impressionante enumerare la quantità di atti, provvedimenti e progetti di stampo antidemocratico, oscurantista, neofascista, razzista e xenofobo realizzati o messi in cantiere da questo governo in appena sei mesi. E ciò fin dall’elezione della seconda e terza carica dello Stato, rispettivamente il fascista doc, già capo della destra eversiva milanese all’epoca dello stragismo nero Ignazio Benito La Russa, che si vanta di tenere in casa un busto di Mussolini, e del leghista cattolico sanfedista, reazionario e putiniano, Lorenzo Fontana. E fin dai suoi primissimi decreti come quello anti-migranti e contro le navi delle Ong e quello cosiddetto “anti-Rave”, diretto a colpire in realtà gli scioperi, le manifestazioni non autorizzate e le occupazioni. Una brutale politica repressiva e poliziesca attuata dal ministro dell’Interno Piantedosi, all’insegna dello slogan tipicamente fascista dell’“ordine e sicurezza”, confermata e rafforzata di recente dal decreto Cutro e dalla sostanziale cancellazione della protezione speciale per i rifugiati; nonché dalle misure per chi imbratta i monumenti, volte a stroncare e punire a suon di multe abnormi e di galera le forme di protesta dei giovani attivisti di Ultima Generazione.

Si tratta dello stesso Piantedosi, all’epoca prefetto di Roma, che lasciò liberi gli squadristi di Forza Nuova e i no vax di assaltare e devastare la sede della Cgil, e che non ha mosso un dito per impedire l’infame adunata fascista a Predappio per celebrare lo scorso ottobre il centenario della marcia su Roma. Così come non ha mosso un dito contro gli squadristi neofascisti di Azione studentesca, organizzazione del partito della Meloni, che lo scorso 18 febbraio aggredirono e pestarono gli studenti del liceo Michelangiolo di Firenze. È evidente che simili aggressioni squadristiche traggono incoraggiamento da un’aspettativa di impunità garantita da un governo neofascista, tant’è vero che il ministro dell’Istruzione e del “merito”, Valditara, dopo aver taciuto sull’aggressione intervenne solo per lanciare minacce alla preside di un altro liceo fiorentino che aveva scritto una lettera antifascista ai suoi studenti.

Si vuol riscrivere la storia e criminalizzare l’antifascismo

Meloni e il suo governo hanno fatto propria la triade mussoliniana “dio, patria, famiglia”, con l’esaltazione delle “radici giudaico-cristiane” dell’Italia e dell’Europa e col sostenere le posizioni più reazionarie e oscurantiste della chiesa contro l’aborto, la maternità assistita e altri diritti civili, fino ad arrivare con un’ordinanza di Piantedosi a privare i bambini delle coppie omogenitoriali del diritto di iscrizione all’anagrafe di entrambi i genitori; col pompare il nazionalismo militarista e patriottardo, come Meloni ha fatto a Roma presenziando alla festa militarista per il centenario dell’aeronautica militare, mentre a Pisa i bambini delle elementari venivano addirittura invitati all’aeroporto militare ad ammirare i mezzi da guerra; e col battere e ribattere sulla famiglia e sulla natalità per imporre il modello clerico-fascista della donna moglie, casalinga e madre. “Per riscoprire – come ha detto Meloni in parlamento – la bellezza della genitorialità e rimettere la famiglia al centro della società”.

Fa parte integrante di questa operazione culturale reazionaria l’aver rinominato alcuni ministeri in chiave autarchica e fascista, come quello della Famiglia e “natalità”, quello delle Imprese e “del made in Italy”, quello dell’Agricoltura e “sovranità alimentare”, e quello dell’Istruzione e del “merito”, mirando apertamente a ripristinare la scuola elitaria e di classe di ispirazione gentiliana. Così come ne fa altrettanto parte il tentativo di distorcere e riscrivere la storia cogliendo ogni occasione per screditare e criminalizzare l’antifascismo, i partigiani e il comunismo, come hanno fatto Meloni e il suo camerata La Russa nell’anniversario della strage delle Fosse Ardeatine: la prima sostenendo che le oltre 300 vittime furono trucidate dai nazisti “solo perché italiani”, e il secondo difendendo i soldati nazisti uccisi in via Rasella, che a suo dire erano solo “una banda musicale di semi-pensionati”, e attribuendo la colpa della strage delle Ardeatine all’“atto di terrorismo” dei gappisti. Provocazione che si è ripetuta a una settimana dal 25 Aprile quando il presidente del senato Ignazio Benito La Russa ha voluto chiaramente attaccare proprio la componente maggioritaria e più avanzata della Resistenza, Brigate Garibaldi e Gruppi di Azione Patriottica (Gap), di ispirazione comunista e dichiarare le sue nere simpatie verso quelle componenti minoritarie e di destra comprendenti i badogliani e i partigiani “bianchi”. Con ciò il camerata presidente del senato ha vomitato tutto il suo viscerale anticomunismo giacché (ispirato dal suo maestro Benito Mussolini che instaurò la nera dittatura fascista per evitare che l’Italia seguisse l’esempio dei bolscevichi e dell’Urss): “una parte della Resistenza aveva l’ambizione di dare all’Italia un governo più simile a quello dell’Unione Sovietica: è una verità storica”.

La premier neofascista ha strumentalizzato anche l’anniversario dell’efferata strage di Primavalle in cui furono uccisi i due fratelli Mattei, durante la stagione del terrorismo nero e sedicente “rosso” (attribuendone la morte “ai comunisti” tramite le dichiarazioni del suo ministro della Cultura, Sangiuliano), per equiparare ancora una volta fascisti e antifascisti in nome di una cosiddetta “pacificazione nazionale”, e sporcare il significato antifascista del 25 Aprile.

Costruire un largo fronte unito per abbattere il governo Meloni

Non ci può essere una “pacificazione nazionale”, una “memoria condivisa” tra antifascisti e fascisti, tra chi combatté dalla parte dei boia nazifascisti oppressori e chi impugnò le armi per resistere a quell’oppressione. Al contrario, bisogna chiedere lo scioglimento immediato di tutti i gruppi e organizzazioni neofasciste e neonaziste e la chiusura di tutti i loro covi, in attuazione della XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione che vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista, e ai sensi delle leggi Scelba e Mancino. E bisogna unire tutte le masse antifasciste, anticapitaliste, e progressiste, e anche le forze riformiste e dei partiti parlamentari in un fronte unito di lotta più ampio possibile, senza settarismo, pregiudizi ed esclusioni, per abbattere il governo neofascista Meloni prima che faccia altri gravi danni alle masse e rimetta la camicia nera all’Italia.

Allo stesso tempo occorre comprendere che il fascismo è figlio del capitalismo, e che per estirparlo per sempre è necessario abbattere il sistema capitalista e sostituirlo col socialismo e il potere politico del proletariato, che erano anche l’aspirazione delle partigiane e dei partigiani comunisti, anche se nelle condizioni di allora quella lotta non poteva andare oltre la liberazione dal nazi-fascismo e la conquista delle libertà democratico-borghesi. Oggi però possiamo e dobbiamo far rivivere quell’aspirazione, ponendo il problema del socialismo e del potere politico del proletariato, senza i quali non si può cambiare veramente l’Italia.

Come ha indicato il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, nell’editoriale su “Il Bolscevico” per il 46° Anniversario della fondazione del PMLI: “Le operaie e gli operai anticapitalisti coscienti e informati prendano in carico senza indugio questa questione e la pongano all’interno dei luoghi di lavoro, dei loro sindacati, partiti e movimenti. E i partiti con la bandiera rossa aprano una grande discussione pubblica e privata per elaborare un progetto comune sul socialismo con il proletariato al potere”.

Viva il 25 Aprile!

Onore ai Martiri di Piazzale Loreto!

Gloria eterna alle partigiane e ai partigiani!

Liberiamoci del governo neofascista Meloni, per il socialismo e il potere politico del proletariato!

Coi Maestri e il PMLI vinceremo!